TOLOMEO
monaco dell'Ordine Eremitano di S.
Agostino, vescovo in partibus infidelium della Chiesa di Sardi nella
Lidia, fu nominato Vescovo
di Ravello da Onorio IV nel 1286, riuscendo a vincere il contrasto
con il Capitolo della Cattedrale che gli aveva opposto quale candidato
un altro Giovanni Rufolo, non accettato " ob defectum aetatis ".
Abbiamo un documento pergamenaceo del 1286, in cui egli, " Frater
Ptolomeus Dei gratia humilis episcopus Ravellensis et Capitulum
maioris ecclesie Ravellensis ", ratifica il testamento, fatto
dagli eredi di Nicola Rufolo, donatore del pulpito ad honorem Dei
omnipotentis et Beate Marie Virginis ...suis propriis sumptibus
et expensis pro remissione suorum seu parentum eius peccaminum
...", i fratelli Matteo, Orso, Giacomo, " filii et heredes
quondam domini Nicolai Rufuli ", che avevano dotata la cappella,
dedicata alla Madonna detta " La Bruna " di molti beni,
siti a Giovinazzo, a Forcella, a Nocera ecc., con l'obbligo di
celebrare Messa ogni giorno e nell'anniversario per la sua anima,
il 23 marzo d'ogni anno; al detto altare aveva donato un calice
d'argento con coppa dorata, una pianeta " de insamato (?)
rubeo cum lista una ad aurum ad arma Rufulorum et panno uno pro
altari cum insigne eo"
Avendo ricevuto da Matteo Rufolo in mutuo venti once d'argento,
e non potendo soddisfare tale debito, nel 1287, dà cinque
case o botteghe con terra e annessi, siti in Ravello, " iuxta
Maiorem Ecclesiam ". Fra Tolomeo ed il Capitolo cattedrale,
il 23 aprile 1288, concedevano la chiesa parrocchiale di S. Pantaleone
con le chiese di S. Elia e S. Adiutore all'Ordine degli Eremiti
di S. Agostino. Il medesimo ed il Capitolo davano, nell'agosto
del 1290, le due terze parti di una bottega, sita in Napoli al
rione Scalesia, ad alcuni commercianti, fra cui Giacomo Rufolo,
figlio di Nicola, in cambio di alcuni possedimenti in Ravello.
Mons. Tolomeo, prelato dotato di particolare stima e bontà di
vita, ebbe dal Papa il delicato incarico di Legato 'Pontificio
nella vertenza sorta tra l' Arcivescovo di Salerno Filippo ed i
suoi vassalli di Olevano sul Tusciano, sui quali il Prelato Salernitano
aveva il diritto di controllare la spremitura dell'olio nei frantoi.
Quei signori avevano costruito dei frantoi in alcuni casali, a
sua insaputa. Richiamati alla legalità, si rifiutarono sottostare
e minacciarono di difendere anche con " armata manu et per
violentiam " il loro preteso diritto. Tolomeo fu incaricato
di intervenire " ut provideret super hoc iure suo et eiusdem
ecclesie de oportuno remedio ...", perchè venissero
eliminati i frantoi abusivamente costruiti come lesivi dei diritti
vescovili. Il giudizio si protrasse a lungo, tanto più perché il
procuratore degli uomini di Olevano rigettò le prove ed
i testimoni dell'Arcivescovo di Salerno. Finalmente il 3 dicembre
1290 il vescovo Tolomeo, alla presenza di Nicola Rufolo dottore
di diritto civile, emanò la sentenza, con la quale ordinò illegali
i frantoi, che dovevano essere distrutti, e gli uomini di Olevano
dovevano dare all'Arcivescovo un settimo dell'olio per la molitura
e pagare le spese