Fra NICOLA MOLINARI
Quarto di sette figli,
nacque a Lagonegro il 10 marzo 1707 da Carlo Molinari e Cecilia
Mazzaro: carpentiere il padre, tessitrice
di panni la madre. Nello stesso giorno venne portato al fonte
battesimale, ove gli furono posti i nomi di Giuseppe Egidio
Paolo; all'età di
14 mesi, il 16 maggio 1708, gli fu amministrato il sacramento della
cresima dal vescovo di Policastro Marco Antonio de Rosa. Ricevette
la prima formazione culturale probabilmente da uno zio sacerdote,
don Nicola Mazzaro. Rimasto orfano di padre all'età di 9
anni e mezzo, contribuí al sostentamento familiare conducendo
al pascolo le pecore della Confraternita del Santissimo Sacramento.
Negli anni giovanili compí un pellegrinaggio al santuario
di San Biagio a Maratea, pensando piú volte di seguire
le orme del fratello maggiore Francesco, che era entrato
tra i cappuccini
con il nome di Ludovico da Lagonegro.
All'età di 20 anni, in seguito alla predicazione delle missioni
a Lagonegro del beato cappuccino Angelo d'Acri e al suo consiglio,
decise di abbracciare la vita religiosa. Il 25 novembre 1729 vestí l'abito
cappuccino nel noviziato di Marsico Nuovo assumendo il nuovo nome
di Nicola da Lagonegro. L'anno seguente, dopo il trasferimento
del noviziato a Perdifumo, emise qui la professione religiosa il
25 novembre 1730. Fu in seguito inviato nel convento di Lauria,
ove continuò la sua formazione culturale e spirituale in
preparazione al sacerdozio, che gli fu conferito a Torre Orsaia
dal vescovo di Policastro Andrea de Robertis il 25 febbraio 1736.
Nell'autunno dello stesso anno si trasferí a Modena
per intraprendere gli studi prescritti di filosofia e teologia
alla
scuola di Bernardino da Modena. Al termine dello studio,
della durata di sette anni, gli fu conferita dal superiore
generale
la patente di predicatore.
Nel 1743 Nicola da Lagonegro fece ritorno nella sua provincia
di Basilicata-Salerno. In un primo tempo è attivo presumibilmente
come maestro dei novizi, poi come superiore alternativamente dei
due conventi cappuccini di Lagonegro: San Francesco a Santa Maria
degli Angeli. Come superiore di Santa Maria degli Angeli fu impegnato
in un vasto piano di restauro del convento e soprattutto della
chiesa, la cui volta minacciava rovina. Non trascurava il ministero
della predicazione, che divenne per lui l'impegno principale, espletato
durante tutto il corso dell'anno, sia con la predicazione quaresimale
che con l'esercizio delle missioni popolari, che divennero per
lui un congeniale e fecondo campo di apostolato. Attivo nei primi
tempi in Basilicata e nel Salernitano, fu invitato in seguito a
predicare nello Stato Pontificio, in Toscana e soprattutto in Veneto.
Qui, a Padova, ove predicò nel giugno 1758, fu onorato
della stima del cardinale Carlo Rezzonico, che il 6 luglio
seguente divenne
papa con il nome di Clemente XIII.
L'anno dopo fu chiamato ad accompagnare, in qualità di consultore
teologo e confessore, l'ambasciatore straordinario della Serenissima
Repubblica di Venezia Alvise IV Mocenigo nel Regno di Napoli, incarico
che espletò dall'ottobre 1759 ai primi mesi del 1761. Da
questo anno fino al 1778 troviamo il Molinari stabilmente a Roma,
nel convento della Concezione nell'attuale Via Veneto, ove fu chiamato
a ricoprire l'incarico di postulatore generale, promovendo soprattutto
i processi di beatificazione e canonizzazione di numerosi confratelli
morti in concetto di santità, tra i quali anche Angelo d'Acri.
A tale compito alternava lunghi periodi dediti alla predicazione
e alle missioni e una feconda attività editoriale,
dando alle stampe opere di notevole spessore dottrinale e
devozionale.
Su desiderio del papa Pio VI, ma anche su esplicita richiesta
del re di Napoli Ferdinando IV, il 1° giugno 1778 fu eletto vescovo
di Scala e Ravello e fu consacrato il 7 giugno seguente. Il 7 luglio
lasciò Roma per le sedi vescovili a cui era destinato. Dopo
una breve sosta a Napoli per ottenere la conferma reale delle bolle
pontificie, fece il suo solenne ingresso a Ravello il 24 agosto
1778. Nelle due diocesi di Ravello e Scala, alle quali subito indirizzò una
significativa lettera pastorale, si diede subito a una caritatevole
attività assistenziale a favore dei poveri, effettuò piú volte
la visita pastorale, amministrò i sacramenti, s'impegnò nel
ministero della predicazione e soprattutto nelle missioni popolari,
predicate sia nelle sue diocesi che in quelle vicine di Amalfi
e di Minori. A queste attività alternò la preoccupazione
e cura spirituale dei monasteri femminili, provvide alle nomine
capitolari e si mostrò vero padre e pastore delle anime
a lui affidate.Un aspetto della sua azione pastorale, soprattutto
nella diocesi di Scala, fu anche la rimozione di abusi, alcuni
dei quali di particolare impatto nella vita religiosa locale. I
suoi prudenti interventi su questo argomento causarono nei suoi
riguardi una vivace e aspra reazione, in modo particolare da parte
di due sacerdoti, don Gennaro Anastasio e il canonico don Lorenzo
Mansi, che costrinsero finalmente il vescovo alla rinuncia e alla
richiesta di traslazione ad altra sede. Accompagnato da lettere
commendatizie da parte del re Ferdinando IV, il Molinari si recò a
Roma nel maggio 1783 e vi rimase fino all'ottobre. Il 15 dicembre
finalmente si pubblicò la sua traslazione alla sede vescovile
di Bovino tramite bolla pontificia, che pervenne a Napoli il 23
dicembre. Il giorno prima intanto la sede bovinese era stato dichiarato
di regio patronato: essa veniva cosí sottratta alla dipendenza
pontificia per essere interamente assorbita nella sfera giurisdizionale
del potere regale. Per questo motivo, e per le tendenze sempre
piú integraliste e antiromane del governo napoletano, il
Molinari dovette aspettare dalla fine del 1783 fino al maggio 1791
per ricevere il regio exequatur alle bolle di traslazione, cosa
che avvenne il 1° giugno 1791, Fatti in fretta i preparativi,
il Molinari si mise subito in viaggio per la nuove sede di Bovino,
ove giunse l'11 giugno.Si ritrovava ormai nel suo ottantacinquesimo
anno di età e nella nuova sede doveva rimanere solo sette
mesi e sette giorni. Fu molto intensa la sua attività durante
cosí poco tempo, tanto da lasciare un'orma profonda, a tutt'oggi
impressa nell'animo dei bovinesi. Intraprese subito la visita pastorale
alla diocesi, mentre le deposizioni processuali ci riferiscono
delle sue ferventi predicazioni, della sua azione assistenziale
e del suo amore verso i poveri, della sua devozione alla Madonna,
dell'amministrazione dei sacramenti, e soprattutto del suo stile
di vita povero e austero e del profondo spirito di preghiera, mentre
frequentemente si verificavano eventi prodigiosi e guarigioni straordinarie
attribuite alla sua preghiera e alla sua intercessione. Piú di
ogni cosa però è rimasta viva nei bovinesi
la lavanda dei piedi a 13 poveri, che il vescovo compiva
ogni sabato nel
locale convento dei cappuccini.
Consunto dalle fatiche e dall'età, si spense serenamente
la mattina del 18 gennaio 1792. Come era suo desiderio, fu
sepolto nella cattedrale bovinese acconto a un suo predecessore,
il conventuale
Antonio Lucci, vescovo di Bovino dal 1729 al 1752, elevato
agli onori degli altari con il titolo di beato da Giovanni
Paolo II
il 18 giugno 1989. Lo stesso onore degli altari si auspica
ardentemente anche per Nicola Molinari da Lagonegro.