GIOVANNI ALLEGRI
Dopo la morte di mons.
Tolomeo si ebbero tra i Canonici ravellesi due discordi elezioni:
una per Giovanni Allegri, allora arcidiacono
della chiesa, eletto vescovo di Ugentino, proposta dalla maggior
parte di essi; l'altra per Gervasio di Corminaco, canonico della
medesima.
Questi, però, non accettò; Giovanni, invece dopo
essere stato qualche tempo all'amministrazione della chiesa Prenestrina,
e poi presso la Sede Apostolica, rinunciò all'ufficio, e
dal Papa Niccolò IV il 29 settembre 1291 fu consacrato
vescovo e mandato alla chiesa ravellese .
Fu pastore fornito di molta scienza e prudenza; stimato per
le sue eccellenti doti da Carlo II fu nominato " dilectus con ìsiliarius,
familiaris et fidelis noster ", nonché custode
del suggello reale e suo cappellano particolare.
Lo stesso re delegò mons. Allegri ad accompagnare la principessa
Eleonora a Reggio e di là a Messina: " precepimus qua-
tenus venerabili in Christo patri Iohanni Dei gratia Ravellensis
episcopo dilecto Consiliario, familiari et fideli nostro, Lionora
filie nostre carissime in Siciliam accedenti. ..per manus vestras
sine difficultate qualibet exsolvatis ..." ; ivi splendidamente
si celebrarono le nozze col re Federico.
Divenuto caro anche a Carlo Martello, divenne Vicario del Regno.
Nel 1299 fu mandato come Ambasciatore in Ungheria ; nel 1301 assistette
al trattato della lega fra Carlo III e la Repubblica di Venezia.
Giovandosi della sua amicizia, mons. Allegri ottenne da Carlo
II, il 23 aprile 1299, il privilegio di poter impiantare
una celendra
o tintoria, che fece costruire sotto il Duomo. Questa nuova
industria, specialmente in quel periodo in cui il commercio
non pote avere
quelle dimensioni degli anni precedenti, fu di grande utilità e
fortuna per i Ravellesi. Subì un arresto soltanto
per la terribile peste del 1656.
L'atto di concessione così diceva: " ...dilecti Consiliarii
et familiaris nostri, qui affide ac meritis ad gratiam obligarum
... gratia speciali concedimus irrefragrabiliter construi ordinari
et fieri in civitate Ravellensi, ubi Episcopus ipse providerit
tintoriam, celendram cum auricella et aliis suis circum adiacentiis
universis ...ad opus et commodum Maioris Ravellensis Ecclesiae
exerceatur perpetuo in futurum et iura redditus et proven- tus
earumque locari et venai permittimus per ipsum episcopum et successores
eius. ..", Napoli, 23 aprile 1299 .
Avendo un certo Colluccio d'Afflitto di Scala chiesto di
impiantare una celendra in Scala, la regina Giovanna II.,
nell'anno 1429,
emise decreto da Napoli, col quale dava assoluta proibizione
per la sua erezione, essendo la città " distante per unum
miliare a dicta civitate Ravelli ", e perché era di
danno e di pregiudizio alla chiesa di Ravello, essendo le rendite
insufficienti " in victum et alia necessaria " al Vescovo
e al Capitolo; ordinò, quindi, " de iure fieri non
potest nec debere ...aliquam celendram nec interni et locis dicti
Ducatus nostri. ..nisi duas, in civitate Amalfia et Ravelli sub
poena unciarum quinquaginta, si secus fecerit ..." .
I Ravellesi vollero dimostrare la loro riconoscenza ed il
loro affetto verso l'insigne Pastore donandogli, nel 1305,
la proprietà dell'acqua
detta Sambucana.
Il Camera afferma che fu anche castellano della fortezza
di Brusara. Morì nel novembre 1320.
|
|
|