Duomo
Note storiche
Edificato nel corso del secolo XI ad opera del primo vescovo della città, Orso Papicio, patrizio ravellese e monaco del monastero benedettino di S. Trifone e con finanziamenti del nobile Nicolò Rufolo, presenta una struttura di tipo basilicale, divisa in tre navate, ciascuna sorretta da otto colonne di granito ed un transetto nel quale si aprono tre absidi. Dal 1941 è iscritto nell'Albo dei Monumenti Nazionali. La facciata ha un carattere misto di elementi romanici e di elementi più tardivi.In origine due scale laterali portavano ad un portico che venne lesionato da un terremoto del 1786 e quindi demolito.Era costituito da archi sorretti da colonne, quattro delle quali sono ancora visibili alle estremità del sagrato sopraelevato.

L'interno del Duomo in origine era di stile romanico; nel settecento, date anche le sue rovinose condizioni, fu trasformato in barocco; in quest'ultimo ventennio è stato ripristinato, nelle navate, il primitivo stile romanico; sono state demolite le coperture a botte di esse, sono state messe in evidenza tutte le colonne , incorporate alcune in pilastri; aperte le monofore; il transetto è rimasto barocco; i due stili, anche se in contrasto, documentano le varie fasi di trasformazione. Nonostante che non presenti più l'antico splendore dell'originaria struttura e abbia perduto importanti opere artistiche, come il ciborio, o altare basilicale, al centro del transetto, pur tuttavia conserva all'ammirazione dei turisti di tutte le nazioni, eccezionali ed importanti monumenti di fede e di arte.

 

 

Piazza Duomo
Interno
   

Transetto

Sullo sfondo del transetto è dato di ammirare l'antico altare: in marmo bianco a fasce nere, con pedana a tre gradini, riquadri in marmo policromo, teste scolpite di puttini e colomba sul tabenacolo. Fu costruito nel 1795, con disegno che ben si sposa con il barocco dell' abside centrale

Nel recente restauro dell'intero complesso monumentale del Duomo, al centro del transetto, là dove un tempo si alzava un ciborio ricchissimo di colonne, è stato eretto il nuovo altare, come previsto dal Concilio Vaticano II, impiegando un sarcofago di marmo fatto costruire dal vescovo Francesco Castaldo nel 1340. E' un magnifico pezzo d'arte cristiana che dal 1750 al 1971 era incassato nella parete della navata destra. Sinora esposto nel Museo del Duomo, ora è stato opportunamente destinato all'altissima funzione liturgica di mensa su cui celebrare la Divina Eucarestia.

Pulpito o Ambone del Vangelo
Il vero poema di bellezza di questa cattedrale, ove si sono mirabilmente fuse la fede, l'arte e la stessa natura con le varie decorazioni floreali e musive, è il Pulpito o Ambone del Vangelo.L'ammirazione va immediatamente a quei leoni e leonesse dalla folta criniera e dalle fauci minacciose, che sembrano reali e muoversi con il prezioso carico sul dorso; su quelle colonne tortili, brillanti di mosaici di diversi colori; sulla bellissima aquila, al centro in alto, dalle fluenti piume, simbolo dell'Evangelista S. Giovanni, recante la frase iniziale del suo Vangelo: "In principio erat Verbum".
Il meraviglioso monumento, ricco di delicati marmi e di smaglianti mosaici, che allo stile arabo-bizantino unisce la potenza del romanico, è opera del grande maestro Nicola Bartolomeo da Foggia, che lo eseguì nel 1272 per incarico del nobile e munifico Nicola Rufolo, in onore della Madonna, raffigurata col Bambino, al centro del prospetto, con ai laterali lo stemma della ricca e potente famiglia Rufolo.Come ricordo di essa è rimasta la piccola cappella, alla quale il donatore aveva lasciato, a suffragio di lui e dei suoi, diversi beni in Ravello e nelle Puglie, ove morì nel maggio del 1276 .Nella nicchia di fondo, decorata da lastre musive e due dragoni, rampanti nei pennacchi dell'arco, si ammirava il trecentesco trittico, raffigurante la Madonna col Bambino, detta "la Bruna" con ai lati S. Giovanni Battista e S. Nicola di Bari, purtroppo trafugato il 13 febbraio 1974.

Particolari

 

Ambone

 

 

Allo splendido Ambone maggiore che si adopera abitualmente per la proclamazione del Vangelo nelle solennità, fa riscontro a sinistra l'altro più modesto ma più antico, fatto costruire dal secondo vescovo di Ravello, Costantino Rogadeo, che resse la diocesi dal 1094 al 1156. E' decorato da due mosaici raffiguranti il Profeta Giona: quello a destra il profeta inghiottito dal pistrice quello a sinistra il profeta rigettato sulla spiaggia: simbolo della Morte e Risurrezione di Cristo, come Egli stesso ha affermato nel Vangelo di Matteo: "Come Giona stette tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell'uomo starà tre giorni e tre notti nel cuore della terra" (Mt. 12, 39). Al centro, sporgente dal leggio vi è un 'aquila, "ormai purtroppo acefala, corposa ma insieme astratta nel rigore frontale"; e sulla cornice del lettorino sono adagiati due piccoli animali : un bue e forse le zampine di un leoncino; animali simbolici che richiamano il Vangelo di S. Giovanni, di S. Luca e di S. Marco.
Al di sotto del lettorino si apre una nicchia, raffigurante il sepolcro vuoto di Cristo, a testimonianza dell'unica prova storica della sua resurrezione. In alto e ai lati dell'arcatella della nicchia centrale, le figure intarsiate di due pavoni che si orientano verso la fonte d'acqua ricavata con piccole tessere di marmo rosaceo, che stanno a simboleggiare l'aspirazione dell'uomo alla vita eterna che si attinge solo da Dio, fonte della vita.Le due ruote cosmiche, simbolo del mondo nel suo movimento, richiamano l'azione creatrice del Verbo cosmico della rivelazione naturale. Per la presenza di una sì ricca simbologia, nonché per la qualità dell'ornato, sobrio e quasi austero, i due nodi che si stagliano sui riquadri, formano, nel loro isolamento, un contrappeso alle soprastanti figure del pistrice, e rendono questo ambone un autentico "Monumentum Resurrectionis Christi" in quanto rispondente ai criteri della più aggiornata teologia liturgica.
 
Le Valve Bronzee
Il primo eccezionale monumento d'arte è opera egregia di Barisano da Trani, che fuse anche quelle della cattedrale della sua città (1185) e quelle di Monreale (1190). L'importanza di esse sta nel fatto che l'artista, per la prima volta in Italia, usò la tecnica del rilievo del bronzo, invece di quella dell'incisione, propria dei Bizantini, come nelle porte del Duomo di Amalfi, fuse nel 1059, a Costantinopoli. La novità della fusione del bronzo fu introdotta dall'artista. Egli alla tecnica bizantina delle formelle piatte ed incise con immagini sostituì quella del bassorilievo; ed in ciò si dimostrò veramente un grande scultore, anzi un
vero orafo specie nella delicatezza dei motivi ornamentali.
Di lui ignoriamo l'anno di nascita, così come il luogo e la data della morte. Sappiamo di sicuro che Barisano fu autore non soltanto della porta di Ravello, ma anche di quelle di Trani e Monreale, che non dovrebbero essere lontane nel tempo da quella di Ravello. Questa è la sola datata; reca, infatti, incisa, nella formella dedicatoria, l'anno 1179, che può indicare sia l'anno della composizione, che quello della consacrazione, avvenuta sotto il governo del vescovo Giovanni Rufolo, essendo governatore della città Orso.
Donatore fu Sergio Muscettola, marito di Sigilgaida Pironti, di nobile famiglia ravellese; viene raffigurato in ginocchio ai piedi di S. Nicola di Bari, santo molto venerato nella città. Nella formella, dove il committente è modellato in proporzioni ridotte, si legge: " MEMENTO DOMINE FAMULI TUI SERGI MUSSETULE DE JORDANI "
Nella formella centrale della terza fila del battente sinistro si legge in latino barbaro.
" ANNO MILLESIMO
CENTESIMO SEPTUAGESIMO NONO INCARNACIO IESU
XPO DNO NRO MEMENTO DNE FA MULO TUO SERGIO MUSETULE ET UXORI SUE SICLIGAUDE ET FILIIS SUIS MAURO ET IOHES ET
FILIA SUA ANNA QOT ISTA PORTA FACERE AGIT AD HO
NOREM DEI ET SANCTE MARIE VIRGINIS"

" Ricorda, o Signore, il tuo servo Muscettola e sua moglie Sigligaida e i suoi figli Mauro e Giovanni e sua figlia Anna, poichè egli fece fare questa porta nell' anno 1179 dell'1ncarnazione del nostro Signore Gesù Cristo, per l'onore di Dio e della Santa Maria Vergine ".
Sui due battenti di legno sono affisse le formelle bronzee, in totale 80, cioè dieci file di otto formelle ciascuna, divise in 26 decorative, disposte lungo i lati e in cima, e 54 figurate interne.
Quanto alla disposizione delle figure, esse si corrispondono sui due battenti, e sono spesso simmetriche
 

Cappella di San Pantaleone

La sua costruzione, voluta dal vescovo Michele Bonsio sin dal 1617 , si completò nel 1643, in luogo di altra dallo stesso nome; poi subì vari interventi di abbellimento e modifica: nel 1743, quando fu ornata di decorazioni in stucco; nel 1782 quando fu inserito nell' altare il paliotto in marmo policromo fiorentino.
Qui è custodita l' ampolla ormai inamovibile del sangue del Santo, che due volte l'anno -a maggio e a luglio -si liquefa: osservandola in quei giorni, attraverso la grata che la racchiude, appare inconfondibilmente, in maggiore o minor misura, il rosso rubino del sangue, dapprima oscuro e opaco. La testimonianza del vescovo Costantino Rogadeo attesta la presenza della reliquia in Ravello fin dal 1112.
Altare San Pantaleone

Ampolla del Sangue:

Foto dello stato abituale nel settembre 2001

 

Cappella di San Pantaleone (la finestra finta)

Ampolla del Sangue:

Foto della liquefazione nel luglio 2001

Dal volume "Ravello, le Cento Chiese" di Guido Fulchignoni

 

Cappella del Rosario
E' nella navata a sinistra dell'ingresso, già dedicata a San Lorenzo. Divenne dal 1585 congrega di nobili Ravellesi, i cui stemmi appaiono nel contorno di stucco delle pareti laterali. Un luminoso dolcissimo quadro della Madonna del Rosario lo Adorna da quel tempo.
Dal volume "Ravello, le Cento Chiese" di Guido Fulchignoni
Altare di San Michele Arcangelo
Su quest'altare, posto nell'abside vicina alla sagrestia, già dedicato alI' Assunzione della Vergine, fu trasferita nel 1658 la grande icona del Santo proveniente dalla Chiesa di Sant' Angelo dell'Ospedale. GiovanAngelo D'Amato 1583 SAN MICHELE ARCANGELO Olio su tavola cm160 x 200 Il dipinto su tavola che raffigura S. Michele Arcangelo è inserito in una ricca cornice di legno dorato che comprende in alto un clipeo con l' immagine della
Madonna col Bambino e in basso una predella con tre scene relative ad
apparizioni del Santo: la prima col bue che s'impunta ad indicare la volontà del Santo che gli si dedichi un tempio, la seconda sulla mole Adriana per porre fine alla pestilenza; la terza a Tombelaine per chiedere al vescovo del posto la costruzione di un tempio simile a quello del Gargano.
La tavola è datata 1583 ed è firmata dal pittore Giovanni Angelo D' Amato, capostipite di una dinastia di artisti maioresi , che la dipinse per l' altare maggiore della chiesetta di Sant' Angelo all'Ospedale su committenza della più antica congrega di Ravello, quella dei Disciplinati di S. Michele. Nel 1658 il vescovo Panicola, a causa delle cattive condizioni della chiesa, ordinò il trasferimento del dipinto di San Michele nel Duomo sull' altare dove ora si trova e che prima era dedicato alI' Assunta.
Il dipinto risulta una felice sintesi di tutti i motivi caratterizzanti il manierismo di GiovanAngelo D' Amato: il realismo estroso che definisce il Santo con i suoi svolazzanti panneggi e la sua folta e riccloluta capigliatura, Il gusto neo -
parmense evocato dalle gamme dei colori cangianti e luminosissimi, l' espressionismo del demonio atteggiato ad una smorfia di dolore e raffigurato a doppia coda con personale fantasia. La pellicola pittorica del dipinto risultava particolarmente inaridita con notevole danno per i valori cromatici e per la coesione dei pigmenti, infatti numerosi e diffusi erano i sollevamenti di mestica e colore.
 

Il Campanile
Pare sorvegli dalle sue bifore slanciate l' andirivieni della folla in piazza Vescovado.
E' a torre quadrangolare, massiccio con i suoi 35 metri d' altezza: fu costruito verso la fine del XIV secolo. Sui quattro lati è a tre ordini, suddivisi da comici in marmo bianco; sui primi due ordini poggiano le caratteristiche bifore con colonnine e capitelli centrali; Il terzo ordine è contornato da finestrelle cieche ad arco gotico in pietra di tufo e colonnine di marmo.
Nel 1902 ebbe un accurato restauro, ma il tempo non tardò a compiere la sua azione corrosiva.
Nel 1998 l'ultimo intervento conservativo ha riportato il campanile alla sua suggestione originale. Gli ambienti della prima cella capanaria saranno utilizzati per l'archivio dell'antica diocesi. Sulle pareti dell'ingresso sono evidenziati fregi ornamentali affrescati.
Dal volume "Ravello, le Cento Chiese" di Guido Fulchignoni

 

Le Absidi
I ruderi archeologici della ex Curia Vescovile
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