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La chiesa di San Giovanni
del Toro è in stile romanico,
a tre navate, sostenuta da colonne Le navate laterali sono
coperte da volte a crociera, mentre quella centrale è a
capriate
Attuale articolazione spaziale della chiesa è frutto
di una ricostruzione o di un ampliamento su una precedente
chiesa fondata nel 1018, come risulta da un atto di compravendita.
Della nuova chiesa si sa che la consacrazione avvenne tra
il 1272 e il 1276. Nella cripta è visibile un abside
laterale della precedente chiesa.
Al centro della chiesa, all'altezza dell'arco trionfale è stato
posto un grande crocifisso ligneo del quattrocento, proveniente
dal duomo e che dona maggiore solennità e sacralità all'intero
edificio.
L'edificio sorge al centro del quartiere da sempre riservato
alla nobiltà, che provvedeva al suo decoro. Ne sono
testimonianza l'ambone, le tracce degli innumerevoli affreschi
e le passate testimonianze che ci sono prevenute
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Ambone |
La datazione dell'ambone è alquanto vaga. Il
Mansi propone la data del 1060, ed avanza il nome di
un artista quale autore : Alfano da Termoli, asserzione
che non è condivisa da altri storici dell'arte,
mentre i più sono concordi di ritenere che l'ambone
si sia sviluppato in un periodo di tempo alquanto lungo
( XIII - XIV ) e con il concorso di molte mani.. Possiamo
dire che l'ambone di San Giovanni ripropone uno degli
impianti più antichi della tradizione , basato
su un piano quadrilatero transennato con aggetto singolo
o plurimo per il lettorile su pannelli ad archivolto
poggiante su colonnine. Le colonne e i capitelli mostrano
ornamenti totalmente diversi tra loro: tali elementi
sono strutturati in modo preciso nella dinamica dell'edificio,
poiché i due capitelli figurati occupano il lato
sinistro dell'ambone, cioè il lato che da sulla
navata centrale, mentre quelli vegetali occupano il lato
destro che da sulla navata laterale.
Il capitello anteriore sinistro si presenta con un doppio
giro di foglie di accanto mosse dal vento al di sopra
delle quali sono rappresentate angolarmente un toro,
un telamone, un aquila con un serpente in becco ed una
figura maschile; al centro di ogni lato una leonessa
, un arciere, una coppia di uccelli ed un gufo con un
topolino in bocca. Il capitello posteriore sinistro è caratterizzato
da un giro di foglie di acanto , mentre al centro di
ogni lato ci sono quattro elementi figurati, e cioè un
leone, un toro, un uomo sul dorso di un uccello ed una
coppia di persone . I capitelli del lato destro invece
non presentano niente di particolare.
Sui detti capitelli s'innalzano tre archetti, cesellati
a mosaico, alla estremità sono raffigurati due
pavoni Un finissimo cornicione marmoreo intagliato a
medaglioni circonda e divide le due parti dell'ambone.
Vari gli elementi scultorei, quali le figure poste sul
lettorile e sul candelabro pasquale. La prima rappresenta
un uomo in veste di diacono che con mano regge la veste
e l'altra un libro evangelico sormontato da un aquila,
mentre i piedi poggiano su due leoni che azzannano un
'ariete. Tutti gli attributi servono per rappresentare
l'evangelista Giovanni, poiché l'aquila è il
suo simbolo e le parole descritte sul libro, ricalcano
quelle iniziali del suo vangelo; quanto ai leoni che
azzannano l'ariete, si tratta di un'immagine che allude
al sacrificio di Cristo.Le raffigurazioni di questi personaggi,
anche se condotte entrambi con rigida bidimensionalità,
sono diversi per elementi, ad esempio, la resa della
capigliatura che nel primo presenta riccioli arricchiti
dall'uso del trapano, mentre nel secondo è rappresentato
in modo più semplice.
Il candelabro pasquale rappresenta tre chierici che recano
nelle mani oggetti diversi tra loro e legati alla liturgia
della notte pasquale. La figura anteriore regge una pergamena
con la scritta in principio erat Verbum,la figura posteriore
destra è probabilmente un francescano; indossa
un saio con cappuccio e tonsurato e nelle mani regge
un libro sacro con la scritta " Lumen Christi -
Deo Gratias, mentre la figura posteriore sinistra è vestita
con saio e regge nelle mani un turibolo o incensiere
e navicella. Le riquadrature di gusto classico sono divise
da tre colonnette a spirale decorate a mosaico; gli spazi
sono ravvivati da uccelli . Due tori sempre a mosaico
tra nove tondini di trifogli bianchi, azzuzzi e vermigli
formano gli stemmi della famiglia Bove.
Nei prospetti anteriori, accanto ai dischi marmorei,
nove bacini di ceramica, tra cui degni di nota sono:
il bacino con al centro un uccello nero dalle ali spiegate,
di provenienza egiziana e attribuibile al "Maestro
degli animali neri", operante nella grande capitale
dei Fatimiti nel corso del XII sec;
Il "bacino" con l'iscrizione araba "baraka" (benedizione).
Sul lato terminale un pannello musivo raffigurante Giona
che viene sputato dal pesce: un particolare interessante è il
mare realizzato con l'accostamento di tessere di colore
grigio-azzurro e un verde acqua.
Sotto ai pannelli dei mosaici del parapetto della scala è rappresentata
l'apparizione del Cristo risorto, la scena "Noli
me tangere", Maddalena in ginocchio, a sinistra,
protende le mani per toccare il Cristo; Egli fa un gesto
con la mano destra, leggermente alzata, per vietare di
toccarlo. La sinistra regge l'asta di una bandiera bianca
con croce bianca, simbolo dei crociati e della risurrezione.
Sullo sfondo tre alberi ambientano la scena in esterno.
Alcuni elementi avvicinano l'affresco alla sfera di Pietro
Cavallini, ma anche alla bottega di Giotto, che fu a
Napoli tra il 1328 e 1333.Il secondo insieme dipinto
si presenta come un'abside sormontata da un arco trionfale
in miniatura. Nell'abside si vede il pianto della Vergine
e di San Giovanni per il Cristo morto. Il suo corpo è rappresentato
come rialzato senza sostegno, con la parte inferiore
nel sarcofago. Un confronto abbastanza prossimo è dato
dalla tavola di Roberto Oderisio, ma esistono molte diversità,
quali l'anatomia del corpo, l'atteggiamento della Vergine
in atto di aggiustarsi il manto e poco addolorata. Nella
sacrestia della chiesa bisogna segnalare la presenza
di un affresco sullo stesso tema. Ma è una pittura
eseguita con molto più talento grafico e coloristico
che il prof. Hartman ha attribuito a Roberto D' Oderisio.
Ritornando all'ambone, sul muro che delimita la nicchia è rappresentata
l'Annunciazione. A sinistra, l'Arcangelo Gabriele srotola
un volume su cui vi sono le prime parole della Ave Maria,
sulla destra la Vergine, inclinata, le mani incrociate
sul petto riceve una colomba bianca, inviata da una piccola
figura del Padre Eterno, posta sopra la chiave dell'arco.
Interessante il rilievo in gesso di Santa Caterina d'Alessandria,
opera di un buon plasticatore che operava nella scia
di Tino da Camaino.
Nella cripta sono presenti affreschi che vanno datati
al XIV secolo; essi raffigurano il Redentore nella simbolica
mandorla, circondata da Angeli, oltre i simboli degli
Evangelisti, ed altre immagini di cui restano solo delle
tracce.
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